Assegno di divorzio: addio al tenore di vita
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Assegno di divorzio: la Cassazione dice addio al tenore di vita
Addio al tenore di vita, per l’Assegno di divorzio conta l’indipendenza economica
D’ora in poi, a contare sarà il criterio dell’indipendenza o autosufficienza economica e non più il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
La Cassazione rivoluziona il diritto di famiglia riguardo all’Assegno di divorzio. I giudici hanno stabilito che d’ora in poi l’assegno di divorzio sarà calcolato sulla base del criterio di autosufficienza. Non più dunque sul “tenore di vita matrimoniale”. Sarà quindi, dopo 30 anni di indirizzo costante, valutato sull’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede. Il matrimonio non è più la “sistemazione definitiva”. Sposarsi, scrive la Corte, è un “atto di libertà e autoresponsabilità”.
La sentenza riguarda il caso di un ex ministro e dell’ex moglie imprenditrice. I supremi giudici hanno respinto il ricorso con il quale la donna chiedeva l’assegno di divorzio. Già negatole con verdetto emesso dalla Corte di Appello di Milano nel 2014, ritenuto incompleta la sua documentazione dei redditi e valutato che l’ex marito dopo la fine del matrimonio aveva subito una “contrazione” dei redditi. Ad avviso dei supremi giudici, la decisione milanese deve essere corretta in motivazione. A far perdere il diritto all’assegno di divorzio alla ex moglie non è il fatto che si suppone abbia redditi adeguati, ma la circostanza che i tempi ormai sono cambiati. Quindi, occorre “superare la concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come ‘sistemazione definitiva’” . “Ormai è generalmente condiviso nel costume sociale il significato del matrimonio come atto di libertà e di autoresponsabilità, nonché come luogo degli affetti e di effettiva comunione di vita. In quanto tale dissolubile. Si deve quindi ritenere che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell’ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale”.
Tratto dal “Fatto Quotidiano” del 10 maggio 2017
In allegato la sentenza della Suprema Corte